Citazione dal Dramma di
DAVID MARIA TUROLDO
“Sul monte la morte”
(Edizioni CENS, 1983)

 

(Da dove) ci venne quel male
che nessuna scienza è riuscita
a debellare ancora?
Forse dall’acqua inquinata
o dal ventre
di qualche sconosciuto insetto?

Ogni volta che si debellava il male
in qualche parte dell’isola,
scoppiava subito
dalla parte opposta,
dapprima inavvertito e silenzioso
come una febbre cinese,
poi virulento e furioso
come una passione mediterranea.

E quelli che erano fuggiti da una parte
si precipitavano subito verso l’altra,
appena le testate dei giornali
annunciavano un morto.

A inaugurare la peste
(ma non era peste)
fu un giovane diciottenne
appena universitario.
Era bello, fiorente, un figlio unico
di una delle più famose famiglie. Per fortuna
che accadde al figlio di una casa importante.

Altrimenti poteva esser incolpata anche
la sporcizia dei poveri,
e qualche vizio innominabile.
Tutto era possibile ormai!

Ma in una famiglia così per bene
non potevano sussistere dubbi.
I mezzi c’erano
medici, amici di famiglia non mancavano.
Anche i medici erano
i più famosi. Tuttavia
nessuno di essi fu in grado
di stabilire la natura del male.

A morte avvenuta
si pensò a un comunicato composito
una specie di manifesto.
E questa volta
fu proprio la scienza a proclamare
l’era della paura.

Si tenne subito
una conferenza stampa per il caso
così singolare;
ma il risultato fu che la gente
ne seppe quanto prima.

I medici dissero e non dissero,
con il loro linguaggio ancora più oscuro del solito
e secondo il sistema di sempre,
per lasciar pensare tutto e nulla.

I MEDICI. Noi lo diciamo e lo ripetiamo
che secondo le previsioni più rigorosamente scientifiche,
ciò non potrà più accadere nei secoli dei secoli.

Importante è il modo
con cui quel giovane concludeva
la sua breve esistenza.
Poi fu chiuso nella bara. Il funerale
fu il più desolante che l’isola ricordi.
Non c’era nessuno dietro,
neppure i parenti.

E anzi un peccato fu che il cimitero
stava dall’altra parte della città.
Cosicché il furgone dei becchini
dovette attraversare
quasi tutti i quartieri.

Allora cominciò la serrata
dei negozi e la sprangatura
delle porte. La via
sembrava un fiume disseccato e deserto.

Questo era dovuto anche alle prescrizioni
dei medici e non soltanto alla paura.

Appena il male compariva
i parenti abbandonavano i parenti
e gli amici gli amici.

Le grida dei medici rintronavano in ogni casa.
Disponevano così, ma non è che ne sapessero di più.

E quando non si sa,
naturalmente si preferisce esagerare.

Da allora
la vera dea dell’isola
cominciò a regnare
incontrastata e muta.
La Solitudine, la Solitudine, la Solitudine,
la Solitudine, la Solitudine.

Fu veramente strana
la geografia di questa misteriosa morte.
Dapprima scoppiò in periferia e da lì
come un cerchio premeditato
strinse d’assedio tutta la città.

E non guardava in faccia
nessuno. Anzi
chi si riteneva più sano
era quasi sempre il primo a cadere.

Non risparmiava né medici, né preti,
né avvocati, né galeotti.

CORO TUTTO
Non si trattava che di forze oscure
della natura:
una specie di rivolta
delle cose da accettare
il dominio dell’uomo.

L’uomo forse
aveva osato troppo,
aveva chiesto troppo
agli elementi. Soprattutto
aveva imposto alla natura una fretta troppo grande;
ed ora la natura si vendicava.

La natura, si sa,
è cieca; e non guarda
né ai cosiddetti onesti, né ai cosiddetti disonesti. Perciò
la morte era arrivata anche là.

 

(a cura del Centro Studi ecumenici Giovanni XXIII)